''FRONTE VERDE'' COME I DINOSAURI? FORSE NO
di antonio maiuro:Alla Conferenza sulla Biodiversità di Nagoya si è fatto il punto sullo stato della biodiversità, tra buone e cattive notizie. Attualmente il pianeta registra il tasso di estinzione più alto dai tempi della scomparsa dei dinosauri, eppure ci sono tesori tutti da scoprire e da proteggere, come l’Amazzonia. E dopo 18 anni di stallo, ecco finalmente il Protocollo/ABS sull'accesso e la condivisione tra tutti dei benefici derivati dalle risorse genetiche.

Lo studiosull'estinzione dei vertebrati realizzato
da oltre 3.000 scienziati in occasione del vertice di Nagoya ha analizzato 25.000 specie inserite nel Libro Rosso delle specie in pericolo dello IUCN (International Union for Conservation of Nature) e ha concluso che una specie su cinque è a rischio estinzione e che la situazione sarebbe ancora peggiore se non fosse per gli sforzi di conservazione che alcuni Paesi virtuosi stanno mettendo in pratica.
Sono a rischio perfino le grandi specie: pinguini, orsi polari, tigri, elefanti africani, tartarughe marine, balene, delfini (il Paese ospitante non è esente da pecche n.d.r.), albatros, canguri, oranghi, barriere coralline e anche l’uomo è a rischio, se le temperature continueranno ad aumentare:
2 gradi in più rispetto all’era preindustriale segnerebbero il declino
anche della specie umana. Il 90% della grande barriera corallina
potrebbe non arrivare al 2050, lo stesso vale per il 75% dei pinguini di
Adelia e per gli orsi bianchi.
Ma a Nagoya il Wwf ha diffuso anche l'ultimo report Amazzonia Viva che evidenzia la straordinaria ricchezza di specie di quest'area
nonostante i rischi che ancora corre. Il rapporto illustra l'enorme
biodiversità, con 1200 specie nuove scoperte e descritte in appena 10
anni, tra il 1999 e il 2009. Il rapporto del Wwf inventaria 637
piante, 257 pesci, 216 anfibi, 55 rettili e 39 mammiferi, tra cui 6
nuove scimmie compresa la Mico acariensis scoperta nel 2000.
Alcune sono straordinarie, come la nuova specie di Anaconda, la prima
identificata dal 1936 e che si aggiunge alle altre 3 già note alla
scienza o il delfino rosa boliviano del Rio delle Amazzoni, nuova specie
scoperta grazie alle ricerche genetiche e in via di estinzione; e
ancora, la nuova specie di pesce gatto cieco dal colore rosso brillante
che vive nelle acque sotterranee, diversi pappagalli e altre specie di
uccelli, senza parlare degli invertebrati come gli insetti.
Questo conferma che l'Amazzonia è un luogo di inestimabile valore per quanto riguarda la biodiversità e di cui tutti beneficiamo, pena gravi rischi.
Secondo uno studio degli scienziati dell’Università del Wisconsin, la deforestazione in Amazzonia aumenta del 50% l’incidenza della malaria. Il rapporto stilato dai ricercatori, e pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases CDC,
incrocia le informazioni sulla malattia in Brasile con le immagini
satellitari che riportano l’abbattimento della foresta amazzonica,
dimostrando che il taglio degli alberi aumenta l’incidenza di malaria.
L’abbattimento delle foreste tropicali, sostengono Sarah Olson
dell’Istituto Nelson (Centro per la sostenibilità e l’ambiente globale) e
autore principale del rapporto, e Jonathan Patz dell’Università del
Wisconsin (School of Medicine and Public Health), crea condizioni che favoriscono la diffusione della zanzara Anopheles darlingi, che trasmette il parassita della malaria e ne è vettore primario.
Nonostante sia aumentata la consapevolezza dell’importanza della tutela ambientale, proprio l’Amazzonia è oggetto di gravi minacce. Negli
ultimi 50 anni almeno il 17% della foresta pluviale amazzonica, un`area
più vasta del Venezuela e pari a due volte la Spagna, è stata distrutta
dall’uomo a causa della rapida espansione dei mercati regionali e
globali della carne, della soia e dei biocombustibili, che fanno
aumentare la domanda di terreni. Si stima che l`80 % delle aree
deforestate dell'Amazzonia siano destinate a pascoli per il bestiame.
Modelli di sviluppo non sostenibili e il crescente fabbisogno energetico
dovuto allo sviluppo incontrollato hanno un forte impatto negativo sul
territorio.
Eppure l’Amazzonia ha un ruolo determinante nella regolazione del clima globale: le sue foreste immagazzinano
90-140 miliardi di tonnellate di carbonio, e il rilascio anche solo
parziale di questo quantitativo accelererebbe in modo significativo il
processo di riscaldamento globale. Attualmente la riconversione dei
terreni e la deforestazione in Amazzonia comportano un rilascio che
arriva a 0,5 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno, al di fuori
delle emissioni dovute agli incendi forestali. Grande importanza riveste
anche lo scambio energetico generato dalla evapotraspirazione dalla
superficie delle foglie, dato che l'area ospita la più estesa, densa e
ininterrotta copertura di vegetazione presente sul pianeta.
L'energia coinvolta in questo processo contribuisce alla
regolazione del clima globale pompando acqua nell'atmosfera e fornendo
energia al regime dei venti. L'effetto di raffreddamento dato da questo
particolare “sistema di condizionamento d’aria globale” è cruciale per
il sostegno della vita sulla Terra.
Attraverso l’iniziativa Living Amazon, il Wwf sta lavorando a un approccio complessivo di collaborazione con i governi, la società civile e il settore privato locali per
promuovere uno scenario alternativo che possa preservare più
efficacemente la biodiversità dell’Amazzonia tutelando l’ambiente,
l'adeguata valutazione degli ecosistemi naturali in base ai beni
ambientali che ne derivano, la pianificazione della destinazione d’uso e
dei diritti di proprietà della terra e delle risorse, l’implementazione
delle migliori pratiche di gestione per l’agricoltura e l’allevamento,
l’ottimizzazione della pianificazione delle infrastrutture energetiche e
dei trasporti per ridurre al minimo l’impatto ambientale e
salvaguardando le biodiversità a rischio.
A questo proposito i delegati sono riusciti a superare lo scoglio che dal 1992 stava paralizzando la Convenzione. Si tratta del regolamento ABS (Access and Benefit Sharing Protocol) che consentirà a popoli e nazioni di condividere l’immenso valore delle risorse genetiche.
Il Protocollo di Nagoya/ABS inizia a mettere uno freno alla
biopirateria, consentendo ai Paesi ricchi di biodiversità di poter
condividere i benefici dell'utilizzo delle risorse naturali con le
multinazionali che, fino a ieri, ne risultavano le sole beneficiarie.
Bisognerà vigilare sul rispetto di questo accordo.
di antonio maiuro
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