El Mundo (Spagna)
Per l'Europa è l'ora della verità. Dopo tante polemiche, indecisioni e ripensamenti, un lungo periodo di durissima crisi economica, la parola passa ai cittadini di quattro Paesi europei - tre dell'Ue e uno candidato a entrarvi - per un passaggio elettorale che può segnare una svolta decisiva nell'aspro dibattito sul rigore e la crescita, sull'austerità e lo sviluppo.
L'insoddisfazione e la rabbia che circola fra i cittadini europei alle prese con una recessione devastante, il calo dell'occupazione, l'apparente mancanza di prospettive future si incanaleranno in un voto che potrà cambiare gli equilibri europei. A cominciare dal rapporto tra Berlino e Parigi, con Angela Merkel che, dopo aver appoggiato esplicitamente Nicolas Sarkozy, dovrà molto probabilmente, e a meno di sorprese clamorose, fare i conti con quel Francois Hollande che già ha detto di voler rivedere e rivisitare quel Fiscal Compact di forte ispirazione tedesca.Il futuro dei quasi 500 milioni di cittadini europei può dipendere, in buona parte, dall'esito delle elezioni che si terranno domenica: le presidenziali francesi con il candidato socialista già con un piede all'Eliseo; le legislative di una Grecia sempre più sull'orlo del baratro e, forse, con la prospettiva di una coalizione di governo con pochi precedenti; il doppio appuntamento legislative-presidenziali in Serbia dove l'europeista e riformista Boris Tadic è messo nell'angolo dai nazionalisti guidati da quel Tomislav Nikolic che cominciò la sua attività politica quale stretto collaboratore di Vojislav Seselj, l'ultranazionalista serbo sotto processo per crimini di guerra al Tribunale dell'Aja; il primo voto nel land tedesco del Shleswig-Holstein che anticipa quello della settimana prossima nel Nord Reno-Westfalia, quando diciotto milioni di elettori tedeschi potrebbero, nel bene o nel male, dare un segnale decisivo per il destino della coalizione di governo guidato da Angela Merkel.
Il giro di boa dell'Europa giunge mentre si infiamma il dibattito su rigore e crescita, con una nuova consapevolezza comune che accanto all'austerità dovrà inevitabilmente esserci un nuova politica di sviluppo. La polemica si sposta adesso sulla ricetta: riforme strutturali e più competitività alle aziende con un più forte ruolo della Bei o più azione dello Stato, strizzando forse l'occhio a Keynes, e comunque con l'obiettivo degli Eurobond sullo sfondo.
Ma questa Europa litigiosa e continuamente sull'orlo di una crisi di nervi dovrà da lunedì fare i conti con quello che i suoi stanchi e depressi cittadini diranno con il voto.E' un voto che va nella direzione netta del cambiamento, almeno nelle previsioni pre-elettorali: un nuovo presidente francese che vuole più crescita in Europa, i due partiti storici greci (Nea Dimocratia e Pasok) in crisi di voti e di identità costretti a confrontarsi con un'inedita coalizione di governo, un'imbarazzante crescita esponenziale dei Partiti anti-Europa e una inquietante frammentazione del voto, un presidente serbo uscente che dopo aver riportato Belgrado sulla strada europea e aver chiuso il capitolo dei lunghi anni di guerre, sangue e isolamento si trova di poco sopra nei sondaggi per le presidenziali ma sotto in quelli per le legislative.
E, infine, la Germania messa sotto accusa per una politica economica giudicata da molti miope, egoista e priva di visione. Quello di domani è un antipasto. La settimana successiva ci sarà la prova del fuoco del Nord Reno-Westfalia con i liberali, partner di governo della Merkel, in caduta libera. Nessuno se la sente di escludere un voto politico anticipato e, in prospettiva, il ritorno a una Grosse Koalition. Domani può cambiare la strada dell'Europa. Domani la crisi va a votare.

Nessun commento :
Posta un commento